giovedì 4 febbraio 2010

Red means beautiful.

Silent Screams. da Simone Luker.
Di chitarre in brani del genere ne ho sentite tante, forse troppe ('Guitar Man' di Sascha Braemer, da poco uscito, è la testimonianza calzante), ma, sebbene difficilmente eccellano, esse non perdono mai di efficacia, soprattutto dopo anni che non se ne udiva una tanto armonica e misurata a guidare il flusso ritmico in un ballo. E' per questo che subito mi propongo di non immergere la seguente in tale categoria di chitarre o brani che siano. Difatti, esploderei dalla smania contentata se mi trovassi in luoghi sabbiosi e afosi a intendere un tale connubio di accordi, prevedibile sì ma con quale gioioso stupore. Questo tipo di accoglienza è inibitrice per la ragione; provocando il tripudio di movimenti riflessi (autoctoni) fa somigliare il veglione messo su ad un orgasmo individuale che va a sommarsi con quello dei restanti, ma, quanto a me, in casi simili, prediligo il godimento, quello personale che nemmeno se fosse per l'esaudimento di un altro desiderio mi sc(r)ollerei dalla pista, o dalla spiaggia. A maggior ragione con l'esclusione, da delle caratteristiche ottimali, di tagli netti, improvvisi, di quelli che ti lasciano attonito e ti portano alle conclusioni più fittizie pur di non fare i conti con la realtà e con l'insensatezza di un'idea e della sua rispettiva creazione; ci si domanda il perché e si va alla ricerca di una traccia originaria; assurdità. Qui niente di tutto ciò, la fortuna è già compiuta quando si è all'ascolto, piacevole e distensivo da gustarsi fino in fondo, poichè il resto dell'opera, così come della sessione, non sarà certo gemello della prelibata esclusiva, questo più che sicuro. Adeguato ma sufficiente, incompleta l'incalzare di una musica così carica alla partenza da dispiacere colla prosecuzione e fine che soddisferebbero solo se il prologo fosse "così da meno". La conseguenza del fatto, come molto spesso si può osservare, è la ripetizione millenaria che sminuisce o esagera uscite del genere. Personalmente, ben vengano e, abbastanza astinente dalle situazioni un tempo vissute e qui ricordate, le auguro prossimamente, anche perché più facili da vivere che da descrivere. Le intepretazioni si sprecano e perciò l'indizio del titolo non è affatto male (intanto c'è, innestato o meno, un significato) per rimandare all'anteprima qui.

Music by: Modul
Photo by: Simone Luker

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