venerdì 25 settembre 2009

Quando è difficile rinunciare alla musica truzza.

06.25.09: summertime rewind. da ry-o-vision.
Cataloghi infiniti di produzioni eurodance da quattro soldi, magnetici e farraginosi synth d'origine tedesca, oggi è il giorno di una rinfrescata veloce almeno 140 bpm, con tutto il languore possibile per armonie ben assortite e casse sgargianti delle quali nel pomeriggio una violenta fame m'è presa. La causa, inesplicabile in sé, è il vocal ballerino e audace, reso gay o meglio nato gay per via degli Erasure nel 1988, che da un pò ronzava negli anfratti di una mente cresciuta a stirate e studiate melodie accattivanti, irresistibili ancora a distanza di anni; un residuo di quelli targati "(Club Mix)", o altrimenti reso rovente da compositori di astratte creazioni spirituali (in questo specifico caso dai Real Booty Babes), alla peggio messe a fuoco con presentazioni dalle immagini vagamente fantasy, totalmente estranee al mio modo imbarazzato e indefinito di associare questa tipo di musica al suo corrispondente adeguato. L'ufficialità di un recupero ardito come questo è data dall'inserimento della 'Little Respect' di Tom Mountain in discussione (vedere per credere di che tipo di musicisti si sta parlando) in una playlist altrettanto ufficiale, a parimerito con la totalità di ciò che fino adesso mi è potuto piacere. Evitando di cadere nelle acque torbide di chi di gusto ne ha pochissimo, il ripescaggio sarà breve e rivolto esclusivamente alle cosiddette perle di un'età poco passata agli autoscontri quanto più alla registrazione, incollato alla radio, di musicassette, con già tutta l'ammirazione per mixtapes e simili. L'aura che un tempo avvolgeva di magico certi pezzi è diminuita in un ripasso avvincente di epoche forse più idealiste di altre (di transizione), buttate via in un fare i conti con realtà dalle quali ci si può tirare fuori del tutto e benissimo. Convogliato da riflussi amniotici, compio a piccoli passi questo ritorno al passato, chissà se lungo solo tutta una notte o più. Il divieto è quello di enumerare in scomode liste il meglio del qualitativamente peggio che io abbia mai ascoltato (e di muisca dall'immagine ben più grossolana ce n'è parecchia in circolazione anche al di fuori di questo spettro), pertanto l'indirizzamento, novello anche nel caso mio (ai tempi dell'hands up mica c'erano i computer in casa), per chi vorrà sarà faticoso e individuale. Solo una piccola e moderna dritta per una ricostruzione a ritroso di quello che è stato per me un genere di iniziazione.

Music by: Tom Mountain, The Real Booty Babes, Erasure, Groove Coverage
Photo by: ry-o-vision

mercoledì 23 settembre 2009

Una scadenza mensile pregiata, pregiatissima: "XX" by The XX.

Romy Madley Croft from The XX da Paul Bridgewater.
"XX" è il sunto di un pop etereo, sognante, ma anche abbronzato e "orecchiabile" quanto basta, incantevole nel senso che incanta. Il pop che piace a me, e che fino ad ora raramente avevo avuto il piacere di ascoltare ed elogiare fuori dai confini scandinavi. Di fronte a questo capitolo inglese è invece impossibile rimanere indifferenti; perché 'VCR' è una fucilata programmata per destabilizzare anime imperturbabili, perché le seguenti fanno uguale, direttamente ('Shelter') o indirettamente ('Heart Skipped A Beat'), raggiungendo in assoluto silenzio il profondo e negligente di ognuno, sciogliendo in poltiglia nera tutto il resto e liberando emozioni pure altrimenti in catene. Una matrioška di successive curiosità e spaventi onesti, irresistibili tanta la cura e la semplicità da definizione ottimale nonostante la piattezza di una visuale tutta schiacciata e adimensionale. Un tunnel monocromatico dal quale uscire e vedere la luce non è per nulla compiacente, tanto da portare a rigettarsi in pozze di catrame asciutte, rimpiangendo tali viaggi, eccitanti, nell'epicentro di terre amene, eleganti. Una composizione minimalista di idee da sovvertire, un mosaico di agevoli ma raffinati canti, lenti ('Crystalised'), esoterici da morirci ('Islands'), filmografici perché forniscono abbastanza materiale immaginativo da costrurci sopra una sequenza animata corvina in scioglimento, dove gli uomini, tutti, ballerebbero seguendo i battiti di quel tempo addizionale proprio di un'opera d'arte. Col minimo trucco addosso, riproducono onde, frequenze musicali che sono ombre per gli occhi accecati degli spettatori unanimi specchiati in un suono caldo e accogliente nonostante l'ampiezza di spazi larghi e la minuta presenza di individui a riempire la scena. Sospirate gente fin che ce n'è bisogno, fin che ce n'è in abbondanza di linfa vitale qua dentro, in sfere botoxate di energie umane e di liquame. Questi quattro non pretendono niente, creano direttamente sogni, diventando i soli e autentici padroni delle nostre labili menti, in estasi con musica del genere, con prostrazioni e bacia piedi validi per tutta la durata del servizio, un servizio inappagante visti i continui richiami e giri dal via. Qualcuno lo chiamerebbe sangue di vampiro. Questi, una squadriglia di prestigiatori, di fuoriclasse.


Music by: The XX
Photo by: Paul Bridgewater

lunedì 21 settembre 2009

Guardare avanti, impercettibilmente con lo sguardo rivolto indietro.

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E' quello che dovrei e che non riesco a fare. La mancata realizzazione di certe condizioni non potrebbe mai incrinare l'andamento di un'esistenza che altrimenti sarebbe fra pareti d'acciaio nemmeno poi tanto anti-proiettili, ma sicuramente essa rimanderebbe all'infinito, in un balenare continuo di indecisioni, la scelta alla quale in qualche modo ultimamente mi sento più chiamato del solito. Il solletico questa volta me lo ha fatto Dexter, la cui storia, dopo una breve parentesi d'intemperanza dalle deprecabili tinte inodore (mai senza fiducia in una risalita), è pronta per essere scritta nuovamente e secondo un nuovo e mirabile esempio. Ma proprio quando il primo giorno di vacanza è cominciato, basta un incontro per rendersi conto di quanto le passate azioni, frutto incalcolabile di desideri impulsivi o meditati, siano fatte per influire su quello stesso giorno, pensato per ristrutturare e chiudere definitivamente con l'ormai lontano trascorso. Questa ha quindi tutte le caratteristiche per essere una sindrome (maggiorata da esperienze e chiusure ermetiche) insanabile nel suo completo, per cicatrici e sfumate maniere che nel profondo ancora son presenti e bruciano ogni tanto nei sogni e nella realtà, andando a coincidere con la finitudine dell'uomo? Di conseguenza, e fino ad oggi inconsciamente, è pertanto la "malattia mortale", la disperazione che attanaglia il mio: se non guarirò avrò comunque già preso la mia decisione (estetica?), ma il fallimento, in ogni caso, farà di me un incapace alla vita. E tutto per ora torna. Mangiare sano, allevare cuccioli, essere tu apprendista e nel contempo modello come si fa in un vero e proprio nido, rinunciando, sempre parzialmente, all'indole per affezioni migliori: in condizioni critiche come le precedenti, questa, caro Dexter, sembra momentaneamente la soluzione a te più affibiabile. Per quanto riguarda la mia, inutile dire che rimando e che per ora sceglo di non scegliere fino a nuovo ordine. Le ripetizioni millenarie aumentano e si moltiplicano di brano in brano; anche questa volta in mancanza di (mi scuso per l'indirizzamento poco valido da gioco di parole) colonne sonore e musiche da ispirazione, rimando a live poco brillanti e dalla discutibile registrazione sonora e visiva.

Music by: Ocean Colour Scene
Photo by: Matias Damian Franco Del Carlo

giovedì 17 settembre 2009

Se andassi al liceo, fosse primavera e avessi vissuto diversamente.


Un'adolescenza XS ha fatto sì che mi trovassi a fare i conti con realtà spiacevoli da affrontare, e usando il termine "affrontare" cancello ogni possibile biasimo, alla fine da parte di me stesso. Se tutto ciò che ho supposto su di sopra fosse semplicemente stato, allora sì, 'Earthquakes And Sharks' sarebbe stata anche la mia spensieratissima soundtrack primaverile. Da quanto è allegra fa paura, e spaventa tanto da riportare al presente su cui sputare nonostante sia a tutti gli effetti invidiabile. Con leggerezza, le preoccupazioni avrebbero assunto un che di commestibile, pane per giornate soleggiate, mitigate da conversazioni asciutte quanto basta, relazioni minime in numero ma intense per condivisione (di vite credo), e da un mancato senso di nausea a condire serate in riva al mare o davanti a uno stesso disco in riproduzione ancora adesso. Tutto ciò avrebbe portato sicuramente anche ad una considerazione meno presuntuosa di un intero emo e insieme power pop allo scorrere di tracce ognuna immediata, ognuna estremamente adolescenziale tanto da portare ad ignorare quel tutto per dedicarsi a una ripetizione millenaria della stessa. In questa manciata di secondi è racchiuso lo sconforto di un tempo accorto, e il scivolar via del tempo, di fronte al quale rimuginare non solo è l'unica azione possibile, ma esso quasi del dittatore si ricuce la parte nel rinnegar continuo di vivere che tanto è ritornato in questo paio d'anni. Una bella spina nel fianco. E invece per molti attimi ho la sensazione disincantata di essere qualcuno davvero, con accertamenti belli e buoni e difficili (a volte) da sopportare; forse si tratta solo di una "fase" da superare? O una volta giunto nell'impassibile e risoluta terra dei veramente grandi nulla sarà cambiato? Da un certo lato me lo auguro anche, ma perché non ancora definitivamente in cura? Forse dovrei prescrivermi una sana dieta da serie televisive, mettermi a lavorare e la sera, attorniato da persone scomode, fingere di illudere me stesso di essere il protagonista vivente di un'insulsa seconda gioventù, matura però. Avrei pronta una playlist da accompagnamento musicale, che si chiuderebbe proprio con questo pezzo degli MGMT già pronto all'ascolto in mancanza della title-track, vera causa prima di queste meno insensate parole.


Music by: Brandtson, MGMT
Photo by: profan u. morphium

The Bloody Beetroots: eroi decaduti o pantomimi industriali?

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Questo è l'interrogativo che assale milioni di persone? No, solo la metà molto probabilmente, ossia solo chi li vide indossare le maschere pari passo coi MSTRKRFT, alzare la testa, guardare in sù e vedere i Crookers, digerire un suono ancora ruvido adatto alla dancefloor, non adatto alle programmazioni radio-televisive del post Aoki. Badare bene, a questo punto, è fondamentale. "Romborama" è la questione. "Romborama", nonostante Bob Rifo desista dall'esporlo (vedere per credere questa scena, imbarazzante per il semplice motivo che chi dovrebbe essere lì a rispondere non è quel tipo di pubblico) è un'operazione commerciale già largamente pensata e pescata con 'Warp', molto probabilmente il miglior pezzo electro di quest'anno già dal 31 dicembre duemilaotto, grazie al cui video sulla più nota rete musicale satellitare e non, i BB hanno gettato l'amo, posto le basi per ciò che ora sono diventati, e colto, come conseguenza di un successo planetario, la palla al balzo per seguenti collaborazioni con Marracash & Co., trasformandosi da eroi della notte in icone delle più ignoranti schiere di ragazzini/e, fra un anno dimentichi del loro synth acre, impegnati a idolatrare altri super personaggi della musica da commercio. Lungi da me la voglia di manifestare tutto ciò se non dopo essermi imbattuto appunto in "Romborama", e in quella serie di tracce le quali, avendomi conferito la stessa certezza che sta scritta su nel titolo (senza punto di domanda), dimostrano, confermano l'esatta evidenza: 'Have Mercy On Us' con Cécile, 'Theolonius' e i suoi input da videogames anni novanta, 'Storm' iraconda e ingannevole, come la stessa '1.9', prese singolarmente sono tutte creazioni che ammiccano in direzione di altri territori, opposti. Insomma, condizioni valide, non del tutto condivisibili. Prezzo da pagare bello alto per uno che, nato nel '77, decise e decide tutt'ora ('Sperm Donor') di ribellarsi al pop.


Music by: The Bloody Beetroots
Photo by: Cloz

mercoledì 16 settembre 2009

Beyond here lies nothin'.

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Chi s'aspettava il lieto fine e la pronta risposta per una nuova stagione l'anno prossimo, rimarrà accontentato nel vedere che al di là di questa, già intrinsecamente fantastica, suggestiva realtà non c'è nulla. Una grossa bufala, tanto per restare in tema? Non ci conterei molto. La soluzione, come già largamente e personalmente anticipato da puntata nove, è fin troppo semplicistica e "inevitabile" per la qualità e l'efficacia di certe immagini e di certe trame. Sinceramente, con tutti il rispetto per l'inarrivabile Eric, dell'imminente e succinto duello fra vampiri per chi la farà propria (Sookie), poco mi può importare: il vampiro Bill è delizioso a esagerati livelli umani (vedi l'eroica collaborazione con il Merlotte di turno, ancora una volta salvagente encomiabile di tutti); Sookie è guarda caso illuminante, e stare con un tenerone del genere quasi ne limita le sue potenzialità (a far fuori Rene e baccanti varie è sempre stato qualcun'altro); mentre per quel che riguarda lo slanciato ed ammaliante svedese, come già detto, spettrale è e spettrale ('Black Plant') manterrà la sua inibizione. Detto ciò per vampiri che mai come in questo momento deludono le aspettative, a confronto con mangiacuori dal sangue repellente, mutaforma incalzanti e ancora non del tutto inquadrabili dotazioni telepatiche in involucri umani?, parole dal medesimo peso vanno a personaggi dalle mentalità facilmente labili. E' infatti cancellato con ogni futura probabilità di ribalta il dubbio per cui Jason, sempre più in versione rambo ultimamente, possa davvero essere luccicante quanto la sorella, stessa cosa per Bellefleur e Lafayette, ancor più screditati da questo finale. La criminalità innegabilie di Eggs e le controversie amorose (fra Jessica e Hoyt e non) alzano il tiro, ma quella che rischia di diventare la "best scene ever" (in due stagioni di sovrappesata libidine, fantasia e quantità di sangue), sorpassando addirittura taglio-cottura e degustazione di cuore umano comprensivo di combattimento e lotta coniugale, è l'epilogo di un'alba di malvagità. L'incontro fra Maryann, ancora in estasi, e il suo sacrificio bovino, nonchè shapeshifter Sam, è un chiasmo di reazioni, un contrasto di intenti e di colori: l'avorio della pelle di un toro così perfetto e bellissimo, e la penombra di una menade sposa; l'inganno circolare che ne deriva e il farsi beffa l'uno dell'altra, per chiudere la questione, una volta per tutte. Morte assicurata e prevedibile per una figura che rasenterà un fascino impareggiabile per molto tempo. L'entusiasmo stando agli ultimi minuti di puntata dodici è scemato, ma non ci vorrà molto per riottenere da parte mia nuovamente coinvolgimento emotivo e credulità cronica.

Music by: The Last Shadow Puppets
Photo by: HBO

lunedì 14 settembre 2009

L'alone mensile di cui parlavo: "Elettricita" by Havergal.

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Questa non è una macchia appiccicosa pronta ad essere lavata via ad Ottobre. Questo è il disco che ora più che mai mi rappresenta, comprendendo i funerali interiori e la sindrome, quella che porta in un primo momento a visualizzarsi dentro la serie tv, in un secondo ad accorgersi della ribellione che nell'Io è in atto, e che bisogna lasciare stare. Uomini annegati, tracce senza titolo e senza identità, nuove allegorie di anguste figure mitologiche, biografie che sono resoconti di reduci di guerra; il risultato è l'allarme incessante che sgorga da questi ultimi giorni: durante il dormiveglia automobilistico; mentre la luce lunare dissacrava i nostri volti; e persino nel più somigliante nido di quel ritorno, non riprodotto e perciò alternativo e misero di rapporti pari a quelli autentici. Potrebbe intonare se stesso come una frequenza per i prossimi dieci mesi, potrebbe ripetere quelle stesse note all'infinito e raccontare la sua storia tanto da mandare in tilt il contatore che non assisterei nemmeno psicologicamente per un attimo alla morte di piacevolezza dentro, in macchina e nell'anima. Emozioni inesplicabili in reverse, e giochi di ombre in un clima di tiepidezza generale, che in qualche modo refrigera il tutto e stordisce al suo scadere: il sonno sopraggiunge sugli occhi, le membra si fanno deboli in un plastico di movimenti e spostamenti ineluttabili ma innocui, a dimostrazione di un'inettitudine personale paragonata e avversa a una mondiale cospirazione di soldati tutti uguali, che combattono per cancellare ogni qualsiasi tipo di diversità esistente quale minaccia alla mediocrità e all'adagiamento universale. C'è di mezzo Dio, il panico generale, e una lotta impari fra ciò che è relativo, sempre. Io, fra i pochi, decido di buttarmi con il paracadute, in modo da riparare temporaneamente in terre straniere e selvagge, salvandomi dalla ferocia di uomini sregolati che costituiscono il fulcro di una società che porta avanti il mondo in un modo che altrimenti non saprei ancora bene immaginare nè tanto meno regolamentare. Sembra un percorso disegnato dal destino quello che ha portato questa musica alle mie orecchie, e lo scrivo ascoltando le successioni organistiche sdolcinate di una cronaca sciolta e lenta quanto lumache al sole. Un valido appiglio sfumato di suoni e di colori opachi e grigi, contorto e sdraiato nella sua interezza impalpabile. Ha appoggiato le sue mani sul mio profondo mentre guidavo, e da allora recita: "you can leave here, if you can leave here".

Music by: Havergal
Photo by: Javiy

domenica 13 settembre 2009

Too overage. September is now, September has value.

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Benvenuto. Nella prigione di ordinazioni sincroniche la follia è dilagata. Ora il vuoto apparente di una calma piatta regna in attesa di ricostruzioni insensate quanto prima, gassose e mutabili, in attesa di trasferimenti evidenti, oltre a questo naturalmente. L'indirizzo è lo stesso, anche se come da correzione è il Mar Baltico a bagnarne le coste. Giudizi auto-reclamati insomma, difficilmente databili, con le sufficienti vibrazioni che ne possono derivare da ascolti perpetuati, liberi e meno ingannevoli. Fremo dalla voglia di scrivere interpretando l'alone mensile di questo mese, grigio e annuvolato, irriconoscibile almeno quanto "Immolate Yourself'' da Gennaio a questa parte, irresistibile perché abbandonato dal freddo intervallo di quei giorni fino ad oggi, o ieri, con l'aria condizionata a 4, le ventole al massimo e un contorno di presagio avvolto intorno a monti e cavalcavia dissidente dall'andar via, proprio perché appena arrivato. La prova di questa rivitalizzazione è proprio il mancato riconoscimento di 'Stay Away From Being Maybe', arcobaleno di suoni compiacenti dopo una tempesta travisata in insipidezza, che agguanta la conferma di un punto d'ascolto collocato al di là del tempo comune di sosta dal mio non-"è quello che fanno tutti". Quel contorno bianco poi, a Settembre, fa anche tendenza, e nel mio caso colpisce meno con pugni negli occhi.

La finzione è quel che in parte è stato, come oggi ella si rivela in eroi decaduti, romanzi trasformi, greggi iperrealistici, come per un anno questa ha accompagnato facendo trasalire dissidi interiori per una lotta scolastico-sociale terminata senza vincitori né vinti in un nudo di convinzioni. Un tempo adattato catino di risonanze intermediarie, oggi mela di asserzioni fotografiche più convinte e mature. Sei già leggero, sarai un confortante impegno distraente da televisioni e da uscite prescritte alternate a tifi italo-americani. Un album di guadagnato e nuovi biscotti, indigesti per quello che sarà un lungo inverno.

Hej.


Music by: Telefon Tel Aviv
Photo by:
Cammy Lou Who