martedì 25 maggio 2010

Perfect ending.

Hurley & Libby: The End of Lost da Igor Moretto.
Per dire addio dopo sei anni, bisognerebbe impiegare parole tanto giuste quanto correttamente e indiscutibili vengono pronunciate le battute della fine, recitate da dentro, a richiamare ogni qual volta corrispondenze più che adeguate paralizzanti. L'epilogo, esclusivamente mio, è una circolazione di musiche continue e immagini velocissime, menzioni a un dove e a un quando solo adesso, dopo un atterraggio disorientante, ben precisi e resi nitidi da contatti subcoscienziali tutti commoventi. Un concerto, un tempo dove tutti insieme potranno ricordare, lasciare andare il passato e procedere oltre la consapevolezza delle proprie sorti, compito mica facile per un prosieguo lasciato intendere come non dei più leggeri. Ma questa, d'altronde, è la pasta di cui sono fatti certi personaggi che, irraggiungibili in termini di sintomaticità, hanno coadiuvato a lungo, o da sempre, con la fatica dell'agire secondo un senso; poco importa se deciso da altre (id)entità, poiché in ogni caso mossi da spirito encomiabile. Il ritrovo è momento fra i più belli, perché, pregno di significato, assume le forme di una messa, di una cerimonia commemorativa di quanto, in sei profondi periodi, questi sopravvissuti hanno saputo regalare secondo schemi di totale ingegno, amore e fantasia, mitizzando un mondo che chissà per quanto agognerò di trovare. Incredibile il merito per una creazione immensa tanto da segnarmi internamente, da provocare lo sconforto ad ogni finale di puntata per una vita che straripa di mediocrità. Basta questo per riconoscere a parole la gratitudine oggi piena e assoluta? Molto probabilmente no, ma esprimermi diversamente mi è impossibile; ineffabile è infatti il risultato, la mistura di sensazioni e sentimento che sgorga in queste ultime lacrime d'addio. Al termine, si conclude l'avventura nel più perfetto dei modi, perché tutto ciò di reale muore, e per fortuna la fine è l'inizio di un ricordo intramontabile.

Music by: Michael Giacchino
Photo by: Igor Moretto

mercoledì 19 maggio 2010

What that island means (almost the end).

Lost & Found da Nestor_PS.
Un risultato scarso è trascorrere tempo fra la gente che si da per viva, mentre tutto si configura come apparente e sfocato, illusorio come quando, nelle più classiche delle favole, si scorge e agogna all'infinito quell'orizzonte per poi toccarlo con mano di cartone. Curioso è che in questa stessa farsa vi siano parvenze di verità, rari attimi di spavento che portano con se sensazioni di altri mondi, magari paralleli, forse irraggiungibili per quelli che attendono pazientemente la manifestazione, lo svelamento del proprio scopo, ignorando di invecchiare e, con ogni probabilità, di morire di quest'attesa. Ne sono un esempio i ripescaggi, o meglio, l'effetto di questi ultimi sui precipitati, che ben oltre lo stupore e la contentezza procede. Ora, chiunque si sia sentito ripescato almeno una volta nella vita, può innegabilmente sfiorare il quoziente di tal tremore, sopportato a fatica, martoriati dall'inspiegabile impossibilità di agire sensatamente, secondo autocompiacimento insomma. Certe volte mi pare d'intravedere tutto questo, la realizzazione dei propri scopi, nella salvazione, e allora intendo questa (la presente) come una dimensione di prova, di verifica, una sorta di test delle affinità successivo allo svezzamento, tutto in funzione di un parallelo che avrebbe le storpie forme di un'allucinazione. Quindi in altre ore, abbandonate momentaneamente le teorie spiegate, torna al mittente disimpegnato di una volta, la presunta giustezza di luoghi passati, solamente adesso (ri)letti quali destinazioni definitive per il sottoscritto, con la contraddizione però subito dietro l'angolo. E' dunque ancora l'ignoto a farla da padrone, l'insoluto dietro il velo di Maya, il groviglio di un'esistenza buttata seguendo gli schemi migliori per liberarsene, rimanendo perlomeno disincantati di fronte al facilmente manifesto, instancabili sognatori di scappatoie premature per un differente aldilà. Non resta che perdersi vanamente, dimettersi dal resto con la finalità di abbandonarsi al proprio destino, un domani riuscendo sempre a soffrire ancora di gioia ad ogni pensiero indirizzato alla metafora più bella di sempre.

Music by: Michael Giacchino
Photo by: Nestor Ps