giovedì 18 febbraio 2010

Let the right one in.

Let the Right One In da martin francisco.
Una fantastica storia bianca in slow-motion. L'orrore per questa volta può pure starsene a casa. Chi ha notato questa pellicola per il gusto di godersi qualche attimo di paura, aspetti il prossimo remake statunitense perché ha sbagliato film. Perché sarà un altro film. Completamente. In questo, si tratta infatti la drammaticità del linguaggio come convenzione, della morale che all'estremo ottenebra i rapporti empatici, clandestini e sovrumani di due ragazzini e del loro più che particolare amore, con l'aspetto orrifico che è soltanto scenico (di tributo) e di contorno a tutto il resto. Una creazione che ha dell'invidiabile, amabile perché irreale ma efficace con violenza nel contemporaneo (svedese); un autentico contrasto con la c maiuscola. Di toni e di temperature, di suoni e di emozioni, di parole e di silenzi, e di gesti, ad imbottire di equilibrio la favola più rivoluzionaria mai scritta. E non si tratta di uno sbalordimento ingiustificato: durante la sua visione non è difficile accorgersi della delicatezza che sconfina oltre le atmosfere e i paesaggi, inondando di neve e di sofficità l'animo dello spettatore; ugualmente interrogarsi sulla presunta, ma reale, irruenza di certe dinamiche, che hanno un tema forte come quello dell'impossibilità alla propria base. Un accompagnamento magistrale fa poi da colonna sonora di certe scene mute, a coprire i silenzi con una vastità d'audio calibrata, protagonista e tanto lieve quanto le immagini che nel mentre scorrono, persi ad osservarle abbagliati da un grande e immenso bianco vivibile che da sempre affascina. Piacerebbe tanto tuffarcisi dentro? Forse lì per lì, perché poi tutto perderebbe di una certa e ancora indefinita "comodità di osservazione", irraggiungibile se a riconoscere se stessi si è in prima persona. Quindi, per il momento, è troppo confortevole questo alienante punto di vista per poter cambiare idea contro la natura attuale delle cose, soprattutto con un arrivo del genere. Inaspettato, ribolliva in disparte assoggettato da scarsi pareri e da un preconcetto inspiegabile (forse tutte quella nera e sbagliata "pubblicità"); che riscatto in centonove minuti, abbondante se non pieno da sbancare ed affermarsi preferito con la partecipazione unanime di tutte le componenti. Piccolo capolavoro.

Muisc by:
Johan Söderqvist
Photo by: Martin Francisco

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