lunedì 2 novembre 2009

Dreams vs. flashforwards.

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Finalmente s'intravede qualcosa. Nel senso che, a questo punto (episodio sei), anche Flash Forward merita di essere seguito con una curiosità pari a quella minima indispensabile perché ciò avvenga. Di motivi per fare il contrario ce ne sarebbero fin troppi: un riciclo di attori, che per me sono personaggi reali a tutti gli effetti, senza pari, che infastidisce ad ogni nome proprio di persona pronunciato (si elenchino Penny, Teresa, Daphne, addirittura Charlie); cavilli giuridici, ambienti sofisticati ma indigini che non hanno né capo né coda se si considera che il futuro è stato visto e in un modo o nell'altro si sta realizzando, sempre che quello delle premonizioni sia davvero l'avvenire; il dato, banale, per cui non ho mai digerito Joseph Fiennes e la sua carica interpretativa esageratamente teatrale che, paradossalmente, in questo seriale mi risulta divertente e, lui, a tratti simpatico e piacevole. Quindi, il motivo scatenante attenzione e dedica non poteva essere altro che una particolare scena, di quelle da avere tagliate e da conservare nell'archivio tra le migliori, grazie alla quale il briciolo di umanità che galleggiava nell'intera serie ha preso forma per almeno quattro minuti. Fin dal principio trovavo infatti il mio interesse esclusivamente rivolto, tralasciando Janis e la sua presunta lesbicità, all'ambiente clinico della dottoressa Benford, con tutte le ripercussioni che ne potessero derivare all'interno del suo dominio affettivo, della famiglia insomma, che inevitabilmente si frantuma sotto i piedi dei suoi componenti intenti a studiare il giorno che fra sei mesi li avrà resi ciò che stanno iniziando ad essere, senza che alcuno riesca contro la fatalità del futuro, che poi è il destino intrinsecamente reso. In quello spaccato emerge la colpevolezza anticipata di azioni già scritte, non ancora concretizzatesi per via di un tempo lento e quasi imbecille rispetto al suo inesorabile pilota, capace di recare futili speranze di salvezza da un'apocalisse ('Knowing Animals')? Mi rendo conto che prematuro sarebbe inquadrare il tutto senza rivelazioni ancor di più necessarie per un dialogo, un parallelo fra chi ha avuto dei flashforwards e chi ancora si limita a sognarle certe visioni. Inutile è, in ogni caso, paralizzare le proprie vite all'insegna del loro corrispettivo disegno per il semplice capriccio di immaginarsi diversamente, in condizioni migliori e non per forza di cose morti. Ammetto che non è facile a dirsi, ma quando altro non si possiede all'infuori di un'unica, fondata o meno, convinzione e di un viso impresso nella memoria, sbilanciarsi incutendo timore a se stessi quando certi riferimenti vanno perduti non sembra proprio la soluzione più adatta. Nel mio caso c'è in ballo l'amore di una vita, la cui mancata realizzazione brucerebbe quanto un disinfettante per ferite fresche, mentre questa è vicenda altrui, comprensiva di addii a funzioni respiratorie o peggio. Ma chi può giudicare quale perdita sia la più grave? Be' io penso di poterci riuscire, e osservando dall'esterno la situazione di questi ancora poco sintomatici protagonisti mi asterrei dal giudicare, ma con il tempo e un paio di puntate, un'ipotetica individuazione non sarà poi così difficile da esternare.

Music by: O+S
Photo by: abc

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