domenica 21 marzo 2010

Tons of friends.

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Prendere l'ultimo dei Crookers e sfoltirlo dimezzandolo è cosa buona e giusta per ottenere l'album dell'estate, esordio maturato del duo italiano meno insuperbito, con la totalità delle tracce supportate da un popò di artisti, ospiti illustri nonché tonnellata di amici. Il taglio netto, istantaneo al finire del riciclaggio 'Remedy', è dovuto all'insipidezza dei brani appartenenti alla seconda metà della portata, assaggiata qua e là già in passato, o molto probabilmente al valore delle collaborazioni della prima dozzina di prossime hit mancate. Quali sono questi nomi? Girano in rete da non so quanto, e, dopo una lunga attesa, la verifica con le proprie orecchie eccome se appaga. I Soulwax a dare il via, Kelis e la crème dell'rnb dell'anno scorso a seguire, ma soprattutto il ritorno di Ròisìn Murphy, lontana dalle luci della ribalta da anni, e la scoperta Rye Rye che sinceramente per conto mio spaccherebbe i culi a tutte quante (M.I.A. e Uffie comprese). Quest'ultima, coetanea del sottoscritto, dal flow più che aggressivo, canta dell'hip-hop cambiata su di una base che, ancora in corso, muta in bomba ad orologeria dubstep manco non avessimo capito quanto a quei due piacciano certe sonorità del momento: una corona per la regina delle combinazioni. Lo stesso più o meno capita con la bambola irlandese dal gusto inconfondibile anche in un pastone come questo: 'Hold Up Your Head' e ancor di più 'Royal T' (con vocal e synth da capogiro), retrò e rilanciate attuali, suonano pagate care con la prova del contrario negli show trasformati in dj-set, del tutto inusuali per una stella del genere. Con l'aggiunta di una base "rubata" e preparata in francese per Yelle, il recupero di 'Put Your Hands On Me' e l'apporto nostrano di Dargen D'Amico (inclusa la bonus track tormentone), il disco basterebbe già a tutti quanti, e invece chi più ne ha più ne metta, ma un ulteriore elenco (in negativo) risulterebbe alquanto inutile. Ciò che rende e non si vede è in realtà il missaggio ottimale che, alla pari del suono reso limpido e pulito rispetto agli albori, fa sì che un prodotto come questo superi di gran lunga qualsiasi trovata commerciale dalle (presunte) pretese underground. Quell'acerba sufficienza è dunque rimangiata per intero e già ampiamente digerita dopo un assiduo weekend di dipendenza da ascolto. Il verdetto è un figurone per il quale c'è da essere orgogliosi solo a leggerne la tracklist. Italians do it better.


Music by: Crookers
Photo by: Danxzen

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